La Val Graveglia: le colture, l'orto e la cucina (di Sergio Circella, Luglio 2017)
Per descrivere dal punto di vista agricolo la Val Graveglia, bisogna innanzitutto sottolinearne la posizione e la vegetazione.
Partendo dal basso, la Val Graveglia inizia a pochi chilometri dal mare di Lavagna e Chiavari e, nella sua parte più elevata, confina con la Val di Vara e quindi con lo spezzino: tante frazioni costellano le colline e il fondovalle, ora ben più popolato che in passato. Le sue verdi fasce collinari sono prevalentemente coltivate a vite e olivo, radi sono i noccioleti nei versanti più in ombra, mentre i boschi sono perlopiù castagneti inframezzati da querce, frassini, carpini, pini e abeti nella parte più alta.
La Val Graveglia, che corrisponde quasi totalmente al comune di Ne, è il maggior produttore di uva da vino della Provincia di Genova. È questa Valle, in particolare nelle frazioni Campo di Ne, Castagnola, Zerli, Tolceto, Sambuceto e Chiesanuova, che produce la maggior parte di uve che compongono la denominazione d’origine controllata Golfo del Tigullio - Portofino: la Bianchetta Genovese (vitigno autoctono) e il Vermentino per i bianchi; per i rossi il Ciliegiolo in purezza e il Rosso Golfo del Tigullio formato da varie uve tipo dolcetto, sangiovese, ancora ciliegiolo, barbera e altre. Eccellente la produzione di olio extra vergine di oliva, derivante dalla cultivar Lavagnina, clone locale della Taggiasca della Riviera di Ponente.
Importanti risorse agricole della Val Graveglia sono gli ortaggi e la frutta. Molte le varietà tradizionali che sono state salvate e riproposte - ad una clientela affezionata e attenta - sul Mercatino Agricolo che si svolge ogni sabato mattina da maggio a ottobre a Conscenti, capoluogo comunale. In particolare si segnala la cipolla Rossa di Zerli, le varietà autoctone di patate come la Quarantina bianca Genovese, la Cannellina Nera del Tigullio e la Quarantina Prugnona, i fagioli Patanin, le fragoline di bosco, le mele Tappe e Carle, le ciliegie, i fichi, le prugne, le pesche Agostanine, tutti frutti derivanti da vecchie piante locali. Eccellente ma molto limitata la produzione di farina di castagne, miele (in particolare di castagno e acacia) e funghi. E’ in fase di rilancio la coltivazione dei noccioleti: insieme alla bassa Val Fontanabuona e al territorio di Mezzanego, si stanno valorizzando le antiche cultivar di Dall’Orto, Tapparona e Del Rosso che formano il Misto Chiavari, un eccellente e unico insieme che già ad inizio ‘900 era apprezzato dalle pasticcerie e dall’industria cioccolatiera Piemontese.
La cucina della Val Graveglia parte quindi da una importantissima base agricola locale. Spesso e volentieri gli osti di Valle erano anche contadini, o viceversa.
Praticamente da sempre ogni frazione aveva la sua osteria o trattoria, dove veniva trasformato tutto ciò che la campagna produceva. Fino alla fine degli anni ’90 erano ben 19 le trattorie/osterie sul territorio comunale di Ne, ora si sono più che dimezzate anche a causa di un’insensata fiscalità. Per fortuna sono state rimpiazzate dagli agriturismo che presidiano il territorio e salvaguardano la cucina locale.
Gli antichi saperi contadini hanno tramandato gusti e tradizioni che risalgono a tempi molto antichi ed è oggi possibile ritrovarli sulle tavole di Valle.
Sono molti i piatti che fino a poco tempo fa non risultavano in alcun ricettario storico Genovese, semplicemente perché non erano conosciuti e la cucina delle valli Chiavaresi era pressochè ignorata.
Il lavoro di salvaguardia e di divulgazione fatto dalle nostre attività ristorative, ha fatto conoscere a pubblico e stampa piatti di origine contadina e casalinga che hanno cominciato ad avere grande apprezzamento.
Ad esempio il Prebugiun di Ne e la torta Baciocca: da quando è arrivata la patata sul nostro Appennino all’inizio dell’800, molti “mangiari” sono stati contaminati dai nuovi preziosi tuberi che hanno contribuito a sfamare intere generazioni.
Il Prebugiun è, in dialetto Genovese, un rimescolamento fatto a caldo di cose diverse, in particolare è conosciuto in tutta la Liguria come un insieme di erbette selvatiche bollite che si possono consumare semplicemente condite con un filo di extravergine e sale, oppure come ripieno dei pansoti o dei ravioli. Ma qui a Ne è anche il rimescolamento a caldo di patate, cavolo nero Genovese ed erbette selvatiche, per cui ben diverso da quello conosciuto in tutta la Liguria, ed è per questo che molti anni fa ebbi la presunzione di chiamarlo “Prebugiun di Ne” proprio per distinguerlo dall’altro... Le patate sono le protagoniste anche della torta Baciocca, una torta a sfoglia ripiena di patate Quarantine tagliate a losanghe e intervallata a strati da un ripieno fatto di uova, formaggio ed erbe aromatiche: nel 1997 la nostra Proloco aveva lanciato il progetto di recupero dell’antica varietà autoctona Quarantina, e decidemmo di legare il prodotto ad un piatto locale rappresentativo, e pensammo appunto alla torta Baciocca che fino allora era sconosciuta ai più ma che era preparata a livello casalingo un po’ in tutte le valli Chiavaresi.
Alcuni dei “mangiari” più antichi della Val Graveglia nascono dal modo di cottura: nella frazione di Iscioli la famiglia Tassano produce da tempo immemore dei piccoli piatti in terracotta chiamati “testetti” e delle “campane” sempre in terracotta. In quel luogo c’è un particolare terra ricca di silicio con la quale si possono costruire questi manufatti che resistono ad altissime temperature.
Nei “testetti” arroventati nella brace, si cuoce una pastella liquida di acqua e farina che dà origine ad una formella di pasta chiamata “testaieu” o “frixiulla” che viene condita tradizionalmente con olio e formaggio oppure col pesto. Sempre nei “testetti” si possono cuocere le “panellette” di farina di castagna e le “figasette” di farina di mais e cipollotto.
Sotto la “campana” di terracotta si pone un tegame dove si può mettere carne di vario genere come arrosti, costine, cima, agnello, capretto o anche funghi con patate. Posta su un pavimento di pietra, viene quasi coperta da brace rovente e questa “campana” cuocerà per riverbero il contenuto del tegame: una cottura per induzione molto arcaica...
Non dimentichiamo un altro modo per cuocere carni e verdure: uno dei più antichi modi per “grigliarli” dalle nostre parti è cuocerli “in s’a ciappa”. Le lastre di ardesia dette “ciappe” che spesso e volentieri si recuperavano dagli antichi tetti dei casolari, poste su due pile di pietre e ben ingrassate con il lardo, facendo fuoco sotto, sono sempre state uno straordinario e gustoso modo di cottura per verdure, pollo, costine di maiale e, più recentemente, fettine di vitellone.
La cultura contadina in cucina è fatta anche di tante torte di verdure, come i polpettoni di fagiolini o di melanzane o di zucchini, come i ricchi minestroni profumati dal pesto al mortaio, le carni di maiale lavorate in tante maniere per produrre salumi, le carni bianche come il coniglio e la gallina fatte ripiene di verdure. La cima di vitello che qui si fa al forno è quindi ben più saporita che nella versione bollita.
Le paste sono tradizionalmente fatte rigorosamente a mano, a cominciare dall’impasto, alla farcitura e al taglio. I ravioli sono di magro, i taggiaen (taglierini grossolani) sono serviti nel minestrone oppure conditi con il profumato sugo di funghi, i gnocchetti di patate sono conditi con il pesto al mortaio, così come i gnocchetti e le “picagge” di farina di castagna.
Nei dolci la fa da padrona la “Panella”, il castagnaccio con uvetta, pinoli e finocchietto selvatico. In effetti il castagno, l’albero “del pane” per molte generazioni valligiane, ha segnato per secoli la cultura locale, e troviamo questa testimonianza proprio nella cucina.
E’ difficile condensare in poche righe la storia enogastronomica della Val Graveglia, e quindi molto di più si può scoprire venendo direttamente in Valle...
Sergio Circella - Trattoria La Brinca, Campo di Ne
Sergio ci omaggia della ricetta del Prebugiun di Ne e altre curiosità...
PREBUGIUN DI NE*
Ingredienti per 4 persone:
4 patate Quarantina Bianca Genovese, 1 ciuffo di cavolo nero,1 spicchio d’ aglio, olio extra vergine di oliva Riviera Ligure d.o.p. e sale grosso quanto basta, cipolla Rossa di Zerli per la guarnizione. In Primavera si aggiungono erbette selvatiche, circa 2 hg.
1) Sbucciare le patate o, nel caso di Quarantina, con la buccia, metterle a bollire in acqua fredda.
2) Quando le patate sono sbollentate, a parte, bollire i cavoli (e le erbette selvatiche in Primavera) che precedentemente sono stati tagliati a striscioline.
3) Nel mortaio pestare l’aglio con il sale grosso.
4) Quando le patate e i cavoli hanno raggiunto la bollitura, sgocciolare le patate e passarle nello schiacciapatate a fori larghi.
5) I cavoli bolliti (e le erbette in Primavera) verranno insaporiti e amalgamati con un cucchiaio con l’aglio pestato.
6) Le patate schiacciate messe in un tegame verranno amalgamate a mano con i cavoli. Per raggiungere un amalgama cremoso, aggiungere all’impasto olio extra vergine a volontà.
7) Servire caldo nel piatto di portata, aggiungendo sopra ancora olio e guarnendo con cipolla cruda o cipollotti freschi.
Da abbinare alla Bianchetta Genovese Golfo del Tigullio - Portofino d.o.c.
*Prebugiun di Ne, Prebugiun e Prescinseua e Prebugiun di erbette selvatiche
Non è un scioglilingua ma un modo per indicare tre piatti distinti della tradizione contadina ligure.
Ne in Valgraveglia è un piccolo comune collinare alle spalle di Chiavari e Lavagna dove l’agricoltura ha sempre avuto un ruolo importantissimo.
La voce locale Prebugiun o Preboggion sta ad indicare il rimescolamento di cose diverse fatto a caldo e con questa parola da sempre si indicano piatti assai poveri che hanno comunque sfamato intere generazioni valligiane.
Per Prebugiun di Ne intendiamo il piatto preparato solo a Ne fatto con patate Quarantina bianca Genovese e cavolo nero lessati, aggiunto in Primavera anche di erbette selvatiche, schiacciati e amalgamati assieme con tanto olio extra vergine di oliva iviera Ligure d.o.p. e aglio. Servito tiepido veniva tradizionalmente mangiato con cipolla Rossa di Zerli cruda e abbondante olio.
Nelle famiglie patriarcali contadine in Val Graveglia c’era l’uso che il più anziano al Prebugiun aggiungesse la Prescinseua ovvero la cagliata acida o quagliata, il latte coagulato inacidito privato del siero caratteristico dei nostri monti, utilizzato in varie preparazioni come la torta Pasqualina.
Nel resto della Liguria (ma ovviamente anche qui a Ne) si conosce invece il Prebugiun di erbette selvatiche, cioè l’insieme di erbe spontanee selvatiche bollite e servite con olio extra vergine di oliva e sale. E’ un piatto tipicamente primaverile ma il clima decisamente umido degli ultimi anni ci permette la raccolta anche in autunno nei nostri uliveti e vigneti.
Le erbette sono appartenenti essenzialmente alla famiglia delle Compositae (Dente di Leone, Radicchio selvatico, Aspraggine, Caccialepre, Cicerbite, Bellommo, raramente il Tarassaco, (troppo amaro), Papavero dei Campi, Borragine e Bietola selvatica. A seconda delle zone della Liguria vengono usate anche altre erbe spontanee diverse. L’altro uso importante di queste erbe è legato alla preparazione del ripieno dei pansoti e dei ravioli, nonché di frittate e torte varie.
Da segnalare anche altre interpretazioni del Prebugiun in zone a noi limitrofe.
A Statale, località dell'Alta Val Graveglia, è uso comune di aggiungere alle patate il radicchio (radicetta), mentre a Sopralacroce di Borzonasca, zona dove l'ulivo scarseggia per motivi di altitudine, l'olio viene sostituito dal lardo, e alle patate, al cavolo e all'aglio vengono aggiunti fagioli e castagne. E in un'altra specialità del luogo chiamata Remesciùn, si mescolano farina di mais, fagioli, cavoli e salsiccia, ottenedo una specie di focaccia.
Un'altra particolarità: nel Gattafuin, raviolo ripieno di erbette selvatiche e fritto tradizionale di Levanto (Sp), tra le altre usano mettere anche la Valeriana Rossa, erba spontanea dal caratteristico fiore rosso/rosa. Da noi è chiamato “Son” sapone, ed era voce comune che non andava bene manco per le mucche... Paese che vai, usanza che trovi.
©La Brinca - Prebugiun di Ne